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Mag 3, 2024

Un lascito della recente pandemia è un rinnovato interesse verso il “work-life balance”.

Il “breakdown”  generato dal “tutti a casa” ha fatto riconsiderare a molti la necessità di trovare un nuovo equilibrio tra gli impegni professionali e la sfera personale. Come spesso accade la rottura di un equilibrio genera una risposta all’opposto di quanto si praticava precedentemente e questo è un fenomeno mondiale, non solo italiano o europeo. 

La vita privata diventa molto più importante fino a generare fenomeni come la “Great Resignation”: dare le dimissioni dal proprio lavoro senza avere un nuovo lavoro disponibile. Fenomeno impensabile pochi anni fa se non per mobbing o situazioni conflittuali insanabili.  

La domanda di base dovrebbe essere:  esiste un modo per cui vita lavorativa e vita privata si fondono in modo armonioso per portarci ad una vita piena?   

 

L’origine del concetto “work-life balance”

L’evoluzione del concetto di equilibrio tra lavoro e vita personale è stato influenzato da sviluppi storici significativi. Inizialmente, nel tardo XIX secolo, le leggi sul lavoro hanno introdotto regolamentazioni per limitare le ore di lavoro, riflettendo una crescente consapevolezza del bisogno di proteggere il benessere dei lavoratori. Successivamente, il movimento per i diritti delle donne degli anni ’80 ha evidenziato la necessità di politiche che facilitassero l’integrazione tra carriera e vita familiare, con l’introduzione di orari flessibili e congedi di maternità. Con il tempo, questa consapevolezza si è estesa a tutte le professioni, portando all’espansione delle politiche aziendali per promuovere la soddisfazione complessiva dei dipendenti. 

Nel corso degli anni, l’attenzione sul concetto di “welfare” e del benessere dei lavoratori è cresciuta in modo significativo, riconoscendo l’importanza di garantire condizioni di lavoro appaganti. 

La tendenza della “Great Resignation”

La crescente frequenza con cui i lavoratori stanno abbandonando i propri impieghi, nota come “Great Resignation”, offre uno sguardo interessante sul mutamento della percezione riguardo all’equilibrio tra lavoro e vita privata nel contesto attuale.

Questo fenomeno riflette una diffusa insoddisfazione dei lavoratori riguardo l’intrusione, ritenuta indebita, della vita lavorativa nella vita privata. Si evidenzia anche la differenza tra le aspettative e gli esiti risolti nell’ambiente lavorativo, considerando l’attuale impiego non solo NON più soddisfacente, ma non in linea con le aspirazioni e i convincimenti  rispetto ai propri obiettivi di vita.  

La portata della “Great Resignation” è stata documentata da diversi articoli, come ad esempio:

  • “Great resignation”: perché è un fenomeno in crescita e come rallentarla – A scegliere di cambiare lavoro sono soprattutto giovani tra i 26 e i 35 anni (il 70% del campione analizzato) e impiegati in aziende del Nord Italia (Il Sole 24 Ore);
  • “Big quit, ora sono le persone a “scegliersi” il lavoro […]: fino a qualche anno fa i colloqui si chiudevano con “le faremo sapere” detto dal reclutatore, mentre oggi finiscono con un “grazie dell’offerta di lavoro, vi farò sapere” detto dal candidato” (Network Digital 360). 

Si tratta di resoconti che evidenziano l’importanza di esaminare più attentamente il rapporto tra lavoro e vita personale e di adottare approcci più flessibili e integrati per favorire il benessere individuale.

Dalla separazione all’integrazione

L’analisi della “Great Resignation” e delle sue implicazioni evidenzia la necessità di rivalutare il rapporto tra lavoro e vita personale.

Nella società contemporanea, c’è quindi un crescente riconoscimento dell’importanza del work-life balance, ma è probabilmente giunto il momento di superare l’idea di una dicotomia tra questi aspetti. L’approccio dell’integrazione lavoro-vita è fondamentale:

“Work-Life Integration is an approach that creates synergies between all areas that define “life”: work, home/family, community, personal well-being, and health” (Haas School of Business University, California). 

Questo approccio non solo consente una migliore armonia tra le varie sfere della vita, ma riconosce anche l’influenza reciproca che esse hanno l’una sull’altra. Il modo in cui ci sentiamo sul lavoro può riflettersi sul nostro umore e sulle nostre relazioni personali al di fuori dell’ambiente lavorativo, e viceversa.

Ecco alcuni consigli pratici per adottare questo approccio:

  • Creare una lista delle attività per l’integrazione lavoro-vita. Questo permette di pianificare la giornata tenendo conto sia delle responsabilità professionali che di quelle personali.

  • Prendersi delle pause adeguate. Ricaricare le “energie mentali” è essenziale per il proprio benessere personale e per migliorare la capacità di prendere decisioni e gestire le relazioni in modo costruttivo.

  • Gestire il tempo in modo efficace. Identificare le attività più importanti e assegnare loro il tempo necessario, attribuire le giuste priorità ai compiti da portare a termine, stabilire obiettivi realistici e ridurre le distrazioni possono aumentare la produttività e creare spazio per le attività personali.

  • Allineare i valori personali con lo scopo del lavoro. Allineare i propri valori personali con lo scopo del lavoro significa cercare di trovare coerenza tra ciò che consideriamo più importante nella vita e ciò che facciamo professionalmente. Questo concetto implica che il lavoro non dovrebbe essere solo un modo per guadagnare un salario, ma dovrebbe anche rispecchiare e supportare i nostri valori più profondi e le nostre convinzioni personali, gestendo con equilibrio gli inevitabili compromessi.

Quando i nostri valori personali sono in sintonia con il nostro lavoro, ci sentiamo più motivati, impegnati e soddisfatti delle nostre attività lavorative. Ciò crea un senso di significato e realizzazione, oltre a favorire un clima lavorativo più positivo e produttivo. Inoltre, quando si lavora in linea con i propri valori, siamo più propensi a perseguire gli obiettivi aziendali con passione e dedizione, contribuendo al successo dell’organizzazione nel suo insieme.

Ad esempio, se uno dei nostri valori fondamentali è la sostenibilità ambientale, cercare un lavoro in un’azienda che promuove pratiche commerciali responsabili e rispettose dell’ambiente potrebbe essere una scelta che ci permette di vivere i nostri valori sul posto di lavoro. Allo stesso modo, se valorizziamo l’equità e l’inclusione, potremmo cercare opportunità di lavoro in organizzazioni che promuovono la diversità e l’uguaglianza sul posto di lavoro. Compreso comunque il fatto di lottare all’interno della propria organizzazione affinché questi valori prevalgano. Siamo consapevoli che il mondo in cui viviamo spesso non ci consente scelte di questo tipo, ma questo non ci deve impedire di cercare di realizzarle anche in contesti inizialmente non favorevoli magari associandosi a iniziative che possano spingere in quel senso.   

Non bisogna infine dimenticare i “fattori esterni” tra cui le leggi che regolano il lavoro, le regole aziendali da osservare, l’appartenenza ad una comunità aziendale, la presenza di organizzazioni che portano avanti questi bisogni,  l’inevitabile gestione dei conflitti tra interessi che, per forza di cose, nascono diversi quali gli obiettivi aziendali e quelli di vita e le relative dinamiche. 

Conclusione

L’integrazione tra lavoro e vita non solo armonizza le diverse sfere della nostra esistenza, ma riconosce l’interconnessione tra lavoro, famiglia, comunità e benessere personale. Questo approccio permette di trarre vantaggio dalle sinergie tra le varie dimensioni della nostra vita, cercando di allineare i nostri valori con le nostre azioni quotidiane, gestendo gli inevitabili compromessi.  Investire in questa integrazione non solo arricchisce la nostra vita individuale, ma contribuisce anche a creare comunità più forti e orientate al benessere collettivo. 

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Presidente ASSI presso ASSI | + posts
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